lunedì 31 dicembre 2007

Il Gentiluomo e il controllo dell'esplosione ricombinatoria - Francesco Monico

NEW MEDIA ART EDUCATION, CENTRO DI ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI DI PRATO, il 23 - 24 NOVEMBRE 2007


Henry Jenkins, del Convergence Culture Consortium (C3) MIT, con il suo lavoro intende descrivere l’enorme quantità di informazione che passa attraverso i media e i flussi dell’audience che si spostano lungo i canali mediatici alla ricerca di diverse forme di intrattenimento. Un contenuto ancora in parte definito e imposto dall’alto, ma in ampia parte attualizzato dai desideri e dalle aspettative dell’audience. In questo senso l’espressione 'participatory culture' cerca di dare un’alternativa alla vecchia credenza di uno spettatore passivo. Quelli che un tempo venivano distinti in produttori e consumatori nel sistema dei media attuale possono essere ridefiniti come partecipanti, in interazione reciproca in base a nuove regole. Questa interazione reciproca è codificata nel concetto di 'intelligenza collettiva' che sottolinea la necessità di riunire e far collaborare la molteplicità di competenze di cui ogni individuo è portatore. L'intelligenza collettiva, così come descritta da Tom Atlee, Douglas Engelbart, Cliff Joslyn, Ron Dembo ed altri teorici, è un particolare modo di funzionamento dell'intelligenza che supera tanto il pensiero di gruppo (e le relative tendenze al conformismo) quanto la cognizione individuale, permettendo a una comunità di cooperare mantenendo prestazioni intellettuali affidabili. In questo senso, essa è un metodo efficace di formazione del consenso e potrebbe essere considerata come oggetto di studio della sociologia. Un altro pioniere dell'intelligenza collettiva è stato George Pór, autore nel 1995 di The Quest for Cognitive Intelligence. Egli ha definito questo fenomeno nel suo blog come la capacità di una comunità umana di evolvere verso una capacità superiore di risolvere problemi, di pensiero e di integrazione attraverso la collaborazione e l'innovazione. Questi concetti si innestano in un sistema caratterizzato da information overload (sovraccarico informativo), in cui per lo studente e anche per il professore, non è più possibile gestire singolarmente l’enorme quantità di input. Manuel Castells sostiene che la società dell'informazione è caratterizzata da un'enorme potenza di calcolo data dai processori matematici e dalla nuova tecnologia dell'iperlink che crea nuove ed inaspettate connessioni semantiche.

La comunità accademica passa dal modello dell'indice tipografico, basato sullo spazio tempo del libro concreto, a un indice ricombinatorio che ci obbliga a gestire un'emergenza semantica attuando un 'controllo dell'esplosione combinatoria”. Con questo termine si intende che il sistema (uomo) deve essere in grado di rendersi conto quando ha una conoscenza sufficiente di un particolare oggetto e quando invece sta percorrendo vie che lo porteranno ad una amplificazione eccessiva della conoscenza necessaria per risolvere un certo problema.

Per far ciò il sistema (uomo) deve venire in possesso di metodologie-critiche. Ma dove trovare tali strumenti critici? Il fatto che lo stesso problema esisteva prima dell'avvento e della diffusione della stampa a caratteri mobili con le sue pagine e i suoi indici ordinati, e con la sua scienza e il suo metodo, prima dell'avvento del libro stampato il problema era fare ordine tra i vari manoscritti, le varie versioni, i vari testi sparsi nei monasteri, nelle biblioteche e nei luoghi di studio, e allora si ricorreva a metodologie critiche che permettevano di definire dei percorsi, dei patterns, delle strutture della conoscenza. Queste metodologie erano il Trivium e il Quadrivium e oggi, attraverso un tipico 'recupero' sono riattualizzate in stumenti critici come la “technopoetica” e le “le leggi dei media”.

La technopoetica si basa sulla logica delle tetradi: fu Edward T. Hall a dire per primo che tutti gli artefatti dell’uomo sono estensioni dell’uomo stesso1, Hans Hass osserva che questo potere di creare organi aggiuntivi proteici (virtuali) è un’enormità dal punto di vista dell’evoluzione, un progresso carico di conseguenze: incalcolabili2. Per l’epistemologo K. Popper l’uomo affronta una evoluzione esosomatica in cui l'umido biologico, il wet, incontra il secco tecnologico, il dry, e che Roy Ascott definisce come l'ambiente 'emulsionato' moist.

La prima cosa da comprendere è che cosa sia un medium, può essere definito come modello di relazione del nostro sensorio e contemporaneamente come metafora attiva per il potere di tradurre; medium è ciò che sta in mezzo, il medium non è una cosa bensì una funzione, ovvero è il rapporto tra le variabili che è espresso come una equazione (ma non è il solo modo). I media diventano segni per un nesso. A questi segni manca il carattere della grandezza, della forma, sono segni per un’infinità di situazioni possibili di uno stesso tipo che solo se comprese come unità sono significanti3. Il medium è la configurazione dello sfondo degli effetti nel senso che il processo di realtà in cui l’uomo è coinvolto, cioè la consapevolezza che l’uomo ha di sé stesso, è sostanzialmente una consapevolezza delle funzioni, delle relazioni (oggettuali e culturali) in cui si trova coinvolto. E’ uno schema figura/sfondo4. Il medium condiziona il corpo/mente a delle attitudini specifiche perché organizzando i flussi d'informazione ha degli effetti sulle forme dei contenuti, per questo sviluppiamo differenti attitudini culturali per differenti media e galassie di media. Oggi il medium principale è l'elettricità e la galassia di media è composta da tutti i precedenti, scrittura chirografica (grafica multimediale), tipografica (tastiera ASCII), fotografia, radio, televisione, più i nuovi digitali come gli ipertesti. Questa nuova galassia mediatica elettronica potrebbe avere seriamente bisogno di strumenti per comprendere i suoi effetti su qualsiasi argomento, artefatto, senso…o semplicemente avere strumenti per attivare e potenziare la creatività. Questi strumenti sono osservazioni sul funzionamento e sugli effetti degli artefatti dell’uomo sull’uomo e sulla società, poiché l’artefatto non è semplicemente uno strumento per lavorare su qualche cosa, ma un’estensione del nostro corpo, compiuta tramite l’aggiunta artificiale di organi virtuali (moist appunto).

Queste osservazioni sono codificate in azioni empiriche che costituiscono un mezzo pratico di percezione, tale pragmatica è chiamata 'Tetrade'5. Si sostanzia in quattro domande interconnesse che il soggetto e i soggetti si devono porre sull'oggetto, sugli oggetti che stanno osservando andandosi a chiedere che cosa venga recuperato, cosa venga esteso, cosa venga reso obsoleto, cosa venga trasformato. I quesiti sono interdipendenti tra loro e quello che bisogna osservare è come le quattro risposte interagiscono (risuonano) una con l’altra. Infatti ogni artefatto umano sia esso mentale o materiale origina un ambiente di effetti interlacciati; e sono proprio questi effetti e il modo in cui sono interlacciati che ci permettono, come nell'antico 'quadrivium', (all'incrocio di quattro vie, di quattro definizioni) di intuire il significato, l'identità, di un oggetto, di un concetto, o del medium stesso, che per definizione è dinamico.

I quesiti rivelano le interconnessioni e si pongono come regola-metodo critico, in questo senso possono essere chiamate leggi e configurarsi come un vero metodo empirico di conoscenza. Le quattro leggi sono complementari e richiedono un’osservazione di tutti e quattro gli aspetti, infatti pur essendoci dei legami e delle interdipendenze la tetrade non è un processo sequenziale, ma è un processo simultaneo; non c’è un “modo corretto” di leggere la tetrade perché deve essere un processo simultaneo. Una volta realizzata una tetrade, si prendono singolarmente le risposte e si fa l’etimologia dei significati, in questo modo si aprono delle catene di senso che fanno “emergere” ulteriori significati nascosti correlati.

E' questa una prassi critica che permette di analizzare la complessa galassia dei media elettronici e della società dell'informazione, e potrebbe segnare il passaggio da una pratica critica basata sugli indici a una pratica critica maggiormente dialettica.6

Per comprendere questo spostamento dagli indici oggettuali a prassi metodologiche-critiche (che anche un mutamento sociale e culturale oltre che una semplice mutazione strumentale) bisogna guardare alla conoscenza del funzionamento dei media, infatti le società sono sempre state plasmate più dalla natura dei media attraverso i quali gli uomini comunicano che dal contenuto della comunicazione. Ieri l’alfabeto e la stampa favorirono e incoraggiarono un processo di frammentazione, di specializzazione e di distacco (che creò la stampa e gli indici correlati), oggi la tecnologia elettrica favorisce e incoraggia l’unificazione e l’interessamento. Oggi l'elettricità presenta un modello Ipertestuale della conoscenza e l'elettricità ci obbliga a venire in possesso di nuove capacità critico-metodologiche. I mutamenti che stanno avvenendo sono riassumibili nell'affermazione di Roy Ascott, Professore di Technoetica e Direttore del Planetary-Collegium, che dal contenuto passiamo al contesto, dall'oggetto al processo, dalla prospettiva all'immersione, dalla ricezione alla negoziazione, dalla rappresentazione alla costruzione ...7

Derrick DeKerckhove, direttore del programma McLuhan in Cultura & tecnologia dell'Università di Toronto, per cercare di conferire senso e un ordine alla caotica condizione psicologica e sociale creata dalle nuove tecnologie8 ha proposto il concetto di 'intelligenza connettiva' Tale concetto si riferisce alla forma di intelligenza collegata ai nuovi media elettronici, digitali ed interattivi.

Alla luce della connettività possiamo affrontare una rilettura piu’ significativa di molte delle trasformazioni del 21° secolo come l’avvento del medium elettrico, lo sviluppo dell’informatica e delle reti, la nascita dell’ipertesto e lo sviluppo dell’interattività. La 'connettività' è - la tendenza a congiungere attraverso un collegamento o una relazione entita’ precedentemente separate o scollegate9... puo’ essere considerata anche una proprietà e quindi, in termini mcluhaniani, come il messaggio dell’elettricità.

Oggi l’uomo si trova a confrontarsi con una mutazione indotta dalla tecnologia elettrica, una realtà tecnologica fortemente innovativa in perenne attività, che cambia e si evolve molto rapidamente e che rende gran parte delle nostre conoscenze e dei nostri riferimenti obsoleti e superati. L’uomo è portato a rapportarsi al non consueto facendo riferimento al conosciuto, utilizzando la metafora e cercando dentro di sé le simiglianze che gli possano definire dei concetti operativi. Questo comportamento è collegato a un meccanismo di sopravvivenza e oggi siamo in una disperata ricerca di “simiglianze” tra i vecchi concetti e l’ignoto della rivoluzione digitale del terzo millennio.

De Kerckhove recupera una frase di Moliere – un gentiluomo e’ una persona che conosce tutto senza avere imparato nulla10- questa frase descrive la nostra condizione nella relazione con la rete informatica e definisce la fondamentale novità dell’intelligenza dell’uomo dell’oggi 'nell’ignoranza'. Quando l’uomo è collegato alla rete informatica prolunga la sua memoria e il suo sapere che arriva a abbracciare una vastissima quantità di informazioni. Queste informazioni spesso sono di difficile reperimento proprio per l’immensità dei database. Così con la telematica abbiamo accesso a “tutto e niente”, ma il miglioramento della rete informatica con la creazione e il perfezionamento di sistemi che permettano una migliore “pertinenza dell’accesso11”, creerà una situazione dove la migliore risorsa sarà proprio 'l’ignoranza'.

Il nostro essere 'gentiluomini' è cosi’ strettamente legato a questo importante mutamento di valori poiché - oggi ciò che paradossalmente ha valore è ciò che non sappiamo e non ciò che sappiamo12.- Per il canadese l'epoca attuale è un’epoca di mutazione antropologica, paragonabile all’epoca dell’Atene del IV secolo. Per affrontare tutto il carico di estraneità costituito dalle nuove relazioni e dai nuovi processi di realtà messi in atto dalle nuove tecnologie, nuove possibilità, nuovi comportamenti, nuove dimensioni, nuove parole, la conoscenza acquisita si pone come un ostacolo alla predisposizione a apprendere e cambiare.

C’è infatti oggi la necessita’ di un “nuovo sapere” identificabile con “una buona capacita’ di giudizio” che nascendo – dalla collaborazione di mente e corpo in sinergia ...deriva dall’esperienza di metodologie critiche e non semplicemente dall’istruzione'13.- Infatti nella cultura occidentale sta oggi avvenendo una mutazione teoretico-culturale che è dipendente dalla tecnologia; ... L’intelligenza connettiva è definita dalle innumerevoli potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e definisce che – quando puoi fare qualsiasi cosa tu voglia, la domanda smette di essere cosa puoi fare ma diventa che cosa vuoi fare14.

L’intelligenza connettiva può essere considerata l’espressione di una potenzialità illimitata dove l’agente cognitivo diventa l’attuarsi della scelta e della focalizzazione. Il fulcro dell’intelligenza connettiva è il “voler fare critico”.

Derrick De Kerckhove servendosi, simultaneamente, della prospettiva tecno-psicologica e di quella psico-tecnologica, esamina la metamorfosi dell’uomo dividendola tra elementi psicologici e tecnologici. All’oralità corrisponde la tribalità, alla scrittura e alla stampa l’individualità, alla radio e alla televisione la collettività e infine all'internet, specificatamente al web, la connettività. La situazione della connettività è caratterizzata da una trasformazione perpetua e da una complessità cui può far fronte solo un’intelligenza definita da una partecipazione indiscriminata, indispensabile e insostituibile di ognuno. Come sostiene Pierre Levy, recuperando il concetto di intelligenza collettiva, alla complessità e mutevolezza della vita corrispondono la complessità e mutevolezza del sapere15. Secondo De Kerckhove il sapere continua a coincidere con un sapere razionale e scientifico ed è il frutto dell’istruzione attraverso lo studio mnemonico delle informazioni. Ma è più radicale quando si chiede quale valore possa avere questo tipo di sapere in un epoca in cui è possibile accedere ad informazioni che invece che alla nostra memoria possono essere affidate all’hardware dei computer e quando, a causa del continuo e velocissimo ridefinirsi di strumenti sempre più avanzati non c’è nessuno che possa insegnarci se non la nostra stessa sperimentazione critica personale.

Quale valore? Poco o nessuno. Ciò che ha valore oggi non è il sapere in assoluto. Il sapere odierno è la capacità di gestire lo scambio critico e la comunicazione resa possibile dalle nuove tecnologie elettriche dalla comunicazione. La 'connettività' assurge a condizione sociale o stato esattamente come lo sono la collettività o l’individualità. Queste condizioni sono connaturate all’uomo che a seconda dell’ambiente tecnologico e culturale in cui vive tende a sviluppare gli aspetti della propria personalità che più vengono definiti dallo stesso ambiente tecnologico. I computer oggi fungono da acceleratori della dimensione collettiva e processano l’informazione umana. La quale informazione rimane sempre – quella sfuggente condizione costituita da almeno due persone in contatto l’una con l’altra... per esempio in conversazione o in collaborazione16 - e il medium che sviluppa questa condizione è digitale. Se internet infatti incrementa la connettività del telegrafo e del telefono, sostituendo al collegamento tra due punti quello di una moltitudine infinita di nodi, la tecnologia digitale, attraverso i collegamenti ipertestuali e la multimedialità, è la tecnologia in grado di esplicitare e rendere tangibile la tendenza all’interazione degli uomini. Così l’Intelligenza Connettiva è una condizione mentale che emerge spontaneamente e volontariamente dall’associazione di una molteplicità di menti individuali. E’ l’effetto della moltiplicazione delle capacità individuali di molte persone ciascuna di fronte l’una all’altra per un periodo di tempo definito da un network di relazioni coerenti. E’ un concetto vicino a quello dell’intelligenza artificiale, così come all’intelligenza animale o all’intelligenza emozionale. E’ in qualche maniera molto feconda perché permette alle persone di scoprire nuove vie del pensiero, connettendo una singola mente alle altre piuttosto che, come avveniva nell’epoca industriale, isolandola nella sua propria speculazione delle soluzioni a un problema. L’Intelligenza connettiva è un concetto che permette a un singolo di investigare, svelare e sviluppare le opportunità dell’interconnessione tra le persone. E’ il naturale risultato della condivisione del talento e delle risorse di molte persone per portare a termine un compito, produrre un sufficiente numero di concetti operativi e sviluppare una strategia.

L’uomo occidentale tende ad avere una visione della mente creativa come fosse una proprietà privata della mente del singolo e non bisognosa dell’intervento e della cooperazione del corpo. Ma i pensatori giapponesi sono a conoscenza da molti secoli che lo spazio tra le persone è ricco e colmo di attività intelligenti e senzienti. In questo senso l’Intelligenza Connettiva può avere la stessa età della prima conversazione, della prima comunità. E solo ora possiamo comprendere l’Intelligenza Connettiva perché è espressione della nuova realtà comune che sta emergendo, grazie alle tecnologie della comunicazione digitale, in vari settori della società. Attraverso l’Internet e le sue applicazioni, nuove tipologie di coscienza sono condivise tra le persone in nuovi modelli associativi e nuove configurazioni sociali della conoscenza si stanno definendo.17 Oggi emerge la figura 'dell'Intellettuale Gentiluomo', che secondo il canone di Moliere, conosce tutto senza avere imparato nulla, perché oggi tale condizione di 'ignoranzà' è la migliore delle risorse. Il nostro essere “gentiluomini” è così strettamente legato a un importante mutamento di valori poiché - oggi ciò che paradossalmente ha valore è ciò che non sappiamo e non ciò che sappiamo. Oggi al sapere enciclopedico si sostituisce il sapere critico, ovvero 'l'intellettuale gentiluomo' deve sapere come recuperare, selezionare, ordinare, controllare 'l'esplosione ricombinatoria' delle informazioni e per far ciò deve essere a conoscenza di metodologie euristiche e critiche che gli permettano di muoversi in questa nuova supernova culturale, tali metodologie possono essere le tetradi della technopoetica.

1Cfr. E.T. Hall, The silent Language, Greenwood Press, 1980, ISBN 978-0313222771

2Cfr., Hans Hass, Hodder & Stoughton, 1968, ASIN: B000S9XD52

3Cfr., Francesco Monico, lezione 5, La prospettiva alfabetica, tenuta presso Nuova Accademia di Belle Arti Milano, 2006

4Ibidem.

5Marshall e Eric McLuhan, La Legge dei Media, la nuova scienza, Edizioni Lavoro, Roma, 1994.

6Personalmente ho utilizzato molte volte nelle mie consulenze (RaiClick, RaiSat, LPolinoroWorkshop per Alessi, H3G), la 'Tetrade' è ho ottenuto sempre ottimi risulatti, sia come strumento critico che come strumento creativo. Inoltre utilizzo la teatrade anche all'interno della didattica e anche in questo campo i risultati applicati al rapporto individuo/società-tecnologia sono eccellenti. In questo senso la tetrade è uno strumento technoetico.

7... e dal cervello autonomo alla mente distribuita, dalla natura alla vita artificiale, dalla certezza alla contingenza, dalla deliberazione alla emergenza, dal comportameto delle forme alle forme del comportamento, in Roy Ascott, Syncretic Strategies, pg 31, Paper del Simposio, 'F.A.q. - Questions about Art, Consciousness & Technology' , SESC, Avenida Paulista, 119 paraiso, sao Paulo 1 Dec 2006.

8 Cfr., D. De Kerckhove, Connected Intelligence, Kogan Page Ltd, 1998, ISBN 978-0749427801

9 Ibidem, p.144 (“...is the tendency for separate and previously unrelated entities to be joined by a link or a relationship”)

10 D. De Kerckhove, Connected Intelligence, cit, p.81, Kogan Page Ltd, 1998, ISBN 978-0749427801

11Ibidem cit.p.81.

12Ibidem pag 171.

13 D. De Kerckhove, La Pelle della cultura, pag 72, Costa & Nolan, 1996 ISBN 88.7648.254.7

14 Ibidem, cit. Pag 194.

15 O. Levy, Collective Intelligence: Mankind's Emerging World in Cyberspace , cit. P.144, Plenum Publishing Corporation, 1997 ISBN 978-0306456350

16 D. De Kerckhove, Connected Intelligence, cit, p.30, Kogan Page Ltd, 1998, ISBN 978-0749427801

17Francesco Monico, Matrix, Introduzione alla Scuola di Comunicazione di Toronto, McLuhan Program in Culture & Technology, University of Toronto, Toronto 2001, paper.

giovedì 22 novembre 2007

NEW MEDIA ART EDUCATION - 23 - 24 NOVEMBRE 2007

NEW MEDIA ART EDUCATION

CENTRO DI ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI DI PRATO
AUDITORIUM

23 - 24 NOVEMBRE 2007

a cura di
Marco Bazzini - direttore artistico Centro per
l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato
Tommaso Tozzi - coordinatore della Scuola di
Nuove Tecnologie dell'Arte - Accademia di Belle Arti di Carrara
Alessandro Ludovico - Accademia di Belle Arti di Carrara

Convegno organizzato dal Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato
in collaborazione con
Accademia di Belle Arti di Carrara
UCAN - Centro di Ricerca e Documentazione sull'Arte e le Culture delle Reti


COMUNICATO STAMPA

New Media Art Education: una conferenza di due
giorni al Centro Pecci di Prato – il 23 e 24
novembre – per fare il punto sulla situazione
attuale dell'educazione all'arte dei nuovi media nelle istituzioni italiane.

Esperti del settore e docenti nazionali e
internazionali si incontreranno per due giorni al
Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di
Prato per promuovere il settore e fare una
ricognizione sulla situazione attuale
dell'educazione all'arte dei nuovi media nelle
istituzioni italiane. New Media Art Education a cura
di Marco Bazzini, Alessandro Ludovico e Tommaso
si svolgera' venerdi' 23 e sabato 24
novembre 2007 nell'auditorium del Centro che la
organizza con la collaborazione dell'Accademia di
Belle Arti di Carrara. Un'occasione, questa, di
confronto pubblico tra soggetti del Ministero e
delle istituzioni artistiche nazionali e il
nascente Comitato di Coordinamento del settore
dell'Arte dei Media nelle Accademie di Belle Arti italiane.
I nuovi strumenti della comunicazione telematica,
i nuovi linguaggi con i loro effetti nell'ambito
della cultura e piu' in generale nella societa',
non si limitano a modificare i tradizionali
modelli artistici, politici e commerciali, ma
trasformano il modo di pensare e dunque la logica
alla base del pensiero occidentale e globale.

I temi della conferenza:
"Estetica e sociologia dei nuovi media", le due
sezioni introduttive della conferenza,
riflettendo intorno alle nuove modalita' di
percezione e conoscenza del mondo offerte
dall'uso dei nuovi media nella didattica vogliono
porsi la domanda di quali siano le
caratteristiche della nuova estetica della
comunicazione e di quale possa essere l'impatto
delle nuove tecnologie della comunicazione sullo sviluppo sociale.
La seconda sezione, "Educare attraverso i nuovi
media: le tecnologie di supporto all'educazione",
indaga su quali siano i nuovi strumenti di
supporto all'educazione e di quali possono essere
le nuove metodologie conseguenti all'uso di tali strumenti.
La terza sezione, "Educare ai nuovi media: uno
sguardo critico", vuole essere un momento di
riflessione critica sull'educazione all'arte dei
nuovi media, creando un momento di incontro tra
soggetti sia del Ministero che di alcune delle
principali Accademie di Belle Arti, rappresentate
all'interno dal nascente "Comitato di
Coordinamento del settore dell'Arte dei Media
nelle Accademie di Belle Arti italiane", e di
ISIA italiane che stanno gia' svolgendo un
percorso educativo in tale settore, per
confrontarsi in modo propositivo su quali siano
le forme critiche e metodologiche piu' adeguate
per un'educazione all'arte dei nuovi media.



Programma


>>>>> VENERDI' 23 NOVEMBRE:


ore 9 – 13

Educare attraverso i nuovi media: le tecnologie di supporto all'educazione.
Quali sono i nuovi strumenti di supporto
all'educazione? Quali possono essere le nuove
metodologie conseguenti all'uso di tali strumenti?
Alessandro Ludovico (Moderatore) / Franziska Nori
(Direttrice Centro di Cultura Contemporanea
Strozzina) / Mario Chiari (Accademia di Belle
Arti di Carrara) / Antonio Glessi (ISIA, Firenze)
/ Roberto Maragliano (Universita' Roma Tre)

Estetica dei nuovi media.
L'uso dei nuovi media nella didattica offre nuove
modalita' di percezione e conoscenza del mondo.
Quali sono le caratteristiche della nuova estetica della comunicazione?
Marco Bazzini (Moderatore) / Ubaldo Fadini
(Universita' degli Studi di Firenze) / Gabriele
Perretta (Accademia di Belle Arti di Brera) /
Francesco Monico (Nuova Accademia di Belle Arti di Milano) /
Lorenzo Taiuti (Accademia di Belle Arti di Brera)
/ Mario Costa (Universita' degli Studi di Salerno)


ore 15 - 19

Sociologia dei nuovi media.
Quali sono le caratteristiche e l'impatto dei
nuovi media sullo sviluppo sociale?
Marco Bazzini (Moderatore) / Ermanno "Gomma"
Guarneri (Feltrinelli) / Anna Carola Freschi
(Universita' degli Studi di Bergamo) / Luca
Toschi (Communication Strategies Laboratory -
Universita' degli Studi di Firenze) / Antonio Caronia (Academia di belle Arti di Brera - Nuova Accademia di Belle Arti di Milano)

/ Carlo Bordoni (Universita' degli Studi di
Firenze) / Luciano Paccagnella (Universita' degli Studi di Torino)




>>>>>>> SABATO 24 NOVEMBRE:


ore 9.30 – 13.00

Educare ai nuovi media: uno sguardo critico.
Quali sono le forme critiche e metodologiche per un'educazione ai nuovi media?
Percorsi educativi all'arte dei nuovi media nelle
istituzioni artistiche italiane.
Ezio Cuoghi (Moderatore) / Giorgio Bruno Civello
(Direttore Generale AFAM) / Giuseppe Furlanis
(Presidente CNAM) / Fernando De Filippi
(Direttore Accademia di Belle Arti di Brera) /
Marco Baudinelli (Direttore Accademia di Belle
Arti di Carrara) / Giuseppe Andreani (Direttore
Accademia di Belle Arti di Firenze), Stefano
Bettega (Direttore ISIA di Firenze)

Comitato di Coordinamento del settore dell'Arte
dei Media nelle Accademie di Belle Arti italiane:
Tommaso Tozzi (Accademia di Belle Arti di
Carrara) / Ezio Cuoghi / Paolo Rosa (Accademia di Belle Arti di Brera)


ore 15.00 – 18.30

Comitato di Coordinamento del settore dell'Arte
dei Media nelle Accademie di Belle Arti italiane:
Antonio Bisaccia (Accademia di Belle Arti di
Sassari) / Marina Gasparini (Accademia di Belle
Arti di Venezia) / Massimo Puliani (Accademia di
Belle Arti di Macerata) / Donata Napoli
(Accademia di Belle Arti di Frosinone) / Emanuele
Bertoni (Accademia di Belle Arti di Urbino) /
Piero Deggiovanni (Accademia di Belle Arti di
Bologna) / Andrea Granchi (Accademia di Belle Arti di Firenze)



Ufficio stampa: Agenzia Alfabeta
Camilla Bernacchioni
Cell. 339-6314494
press@centropecci.it

mercoledì 2 maggio 2007

Technoetica, Tecnoetica

Technoetica, Tech-noetica o semplicemente tecnoetica. Il termine è coniato da Roy Ascott, nell'ambito delle sue ricerche estetiche-artistiche. La prima voce pubblicata del termine si trova nel testo, "When the Jaguar lies down with the Lamb: speculations on the post-biological culture." Prima pubblicazione in portoghese: Ascott, R. 2003. “Quando a onça se deita com a ovelha: a arte com mídias úmidas e a cultura pós-biológica.” In: DOMINGUES, D. (ed). Arte e vida no século XXI. São Paulo: Editora UNESP. Pp.273-284.


Roy Ascott ha dato testimonianza diretta a Francesco Monico a Montreal durante il Convegno "Reviewing the Future: Vision, innovation, emergence", 19-22 Aprile 2007 Planetary-Collegium Montreal Canada, presso Hexagram: "il termine è una unione tra tecné e noetikos: tecnoetica è quella speculazione che concerne l'impatto della tecnologia sui processi della coscienza. La tecnologia può essere telematica, digitale, genetica, vegetale, moist (letteralmente emulsionata), linguistica....infatti,le tecnologie oggi disponibili hanno un impatto sulla coscienza e si sono trasformate nel substrato dell'arte del terzo millennio, in particolare le tecnologie più interessanti si definiscono nell'incrocio tra telematica, biotecnologia, nanotecnologie, e informano il processo degli artisti, dei progettisti, dei performers, degli architetti.” Roy Ascott sostiene che: "la definizione estetica del paradigma tecnologico contemporaneo sarà tech-noetica, cioè una fusione di che cosa conosciamo e possiamo ancora indagare sulla coscienza (noetikos) con ciò che possiamo fare e finalmente realizzeremo attraverso la tecnologia."

Bisogna fare attenzione che la tech-noetica non deve essere tradotta come tecno-etica. A tale proposito Francesco Monico menziona in una mail a aha inviata il 28-04-2007 il seguente episodio : "la sera del 3 maggio 2006 mi trovavo a cena al Brutto Anattrocolo, in via torricelli a Milano, ero là in compagnia di Paolo Atzori, architetto digitale, Antonio Syxty, regista teatrale e Antonio Caronia, tecnofilosofo, stavano esplorando l'ipotesi di mettere in scena al Teatro Litta la versione teatrale del romanzo Solaris e discutendo della drammaturgia. Antonio Sixty era molto interessato ai discorsi tra me e Caronia sull'arte sincretica e sulle nuove tecnologie, a quel punto personalmente chiesi ad Antonio Caronia di definirmi la tech-noetica e lui mi disse che, "forzando un po', ma approfittando di una felice coincidenza - il neologismo si potrebbe scomporre non solo nel modo canonico: , ma addirittura in tre parti, con un assorbimento della consonante "n", così: , introducendo insomma la dimensione cognitiva, mentale, come elemento di mediazione fra la dimensione pratico-tecnica e quella comportamentale-normativa: senza "nous" non ci può essere "ethos", o sinteticamente: ogni "tecnoetica" è necessariamente una "tecno-noetica".

Francesco Monico attraverso l'attività di studio e ricerca del M-Node e in accordo con lo stesso Roy Ascott sostiene che in Italia la parola potrebbe, come il termine mass media, essere composta dall'unione del suffisso inglese 'tech' e dal termine italiano, derivato dal greco, 'noetica', ecco quindi la tech-noetica.

sabato 21 aprile 2007

La filosofia del post-umano: nuova frontiera del soggetto di Antonio Caronia, Mario Pireddu e Antonio Tursi

La filosofia del post-umano: nuova frontiera del soggetto

di Antonio Caronia, Mario Pireddu e Antonio Tursi

Non è la prima volta che l’uso di un termine è causa di ambiguità e di confusione nella comprensione del concetto che vuole esprimere o del processo che vuole descrivere. Questo è tipico in particolare dei neologismi con prefisso post-, che si riferiscono al superamento o alla profonda modificazione di una situazione mentre il processo è ancora in corso, e quindi non è ancora chiaro l’approdo, neppure provvisorio, a cui essi tendono. Col termine “post-umano” sta accadendo qualcosa del genere, come peraltro già accadde col termine “post-moderno”. Come in quel caso, post-umano si riferisce a una serie di trasformazioni di portata molto generale che riguardano il rapporto dell’uomo col mondo e i dispositivi di regolazione delle culture: in definitiva l’uso di questo termine segnala che siamo in presenza di nuove caratteristiche del cammino dell’umanità che, iniziato un miliardo e mezzo di anni fa con la comparsa delle prime specie di primati a stazione eretta e a vocazione tecnica, non ha mai smesso di trasformarsi e di ridefinirsi ad ogni nuova tappa del connesso sviluppo delle tecniche e delle culture. È vero che, come nel caso del dibattito sul post-moderno, anche il termine post-umano finisce per coprire una serie di visioni molto diverse e spesso antitetiche, tutte sviluppate a partire dal riconoscimento comune del carattere di nuova soglia tecnologica e culturale che i processi in corso comportano. È bene osservare però che in questo dibattito i sostenitori delle posizioni più radicali ed essenzialiste (coloro, cioè, che mettono l’accento esclusivamente o prevalentemente sulle modificazioni morfologiche a cui l’uomo dovrebbe prepararsi per effetto dei nuovi strumenti messi a disposizione dalle tecnologie informatiche, biologiche e bioinformatiche), preferiscono utilizzare il termine “trans-umano”.

A differenza di questi ultimi (come Hans Moravec, o i redattori della Dichiarazione transumanista del 1999, Max More e altri), non riteniamo che il punto sia quello della nascita – desiderabile secondo loro, da esorcizzare o da respingere secondo altri – di una nuova specie che si appresti a sostituire l’homo sapiens a seguito di una serie di ibridazioni con le tecnologie: queste posizioni le consideriamo deboli, intrinsecamente contraddittorie, e pensiamo anche, come ha osservato il biologo Roberto Marchesini, che esse non superino affatto l’umanesimo e l’antropocentrismo della tradizione occidentale, ma al contrario ne rappresentino una tardiva e iperbolica esaltazione. Il pensiero del post-umano non deve limitarsi ad esaltare acriticamente una “nuova specie” che attraverso la tecnologia sconfigga la morte, ma deve certamente assumere tutta la complessità di una situazione nella quale sono entrati in crisi i tradizionali rapporti fra dato biologico e dato culturale. Post-umano significa, in questo senso, il riconoscimento che l’equilibrio fra componenti culturali e componenti biologiche nell’essere umano sta cambiando in modo più radicale di quanto non sia mai cambiato nella storia della specie, ma che questa discontinuità è comunque effetto di una storia evolutiva che non viene affatto negata. Se i processi di ibridazione stanno subendo un’estensione e un’accelerazione senza precedenti, ciò non deve far dimenticare che l’ibridazione è sempre stata presente nella storia dell’umanità, e che su di essa si è basato ogni processo culturale. Quello che oggi c’è di nuovo è che il ritmo di trasformazione culturale e tecnologica sta mettendo in discussione il ruolo che la biologia dell’essere umano aveva sinora avuto, e cioè quello di segnare il limite dell’evoluzione culturale. Questo è conseguenza del salto che le culture stanno facendo da una scala locale a una scala globale, da una dimensione di adattamento a una dimensione di espansione, da una sfera di intervento limitata alla materialità del mondo esterno alla possibilità di influire direttamente sulla dimensione genetica e biologica dell’essere umano stesso.

Di fronte a processi di tale portata lo sgomento e lo sconcerto possono essere reazioni comprensibili, ma impediscono di valutare con chiarezza la situazione, e soprattutto suggeriscono interventi di rifiuto e di ritorno a uno statu quo ante che, oltre a essere impossibili, ci lasciano disarmati di fronte alle conseguenze più negative dei processi stessi. L’atteggiamento più giusto, di fronte alle tematiche del post-umano, ci pare quello che Karl Marx propose di fronte al capitalismo: non rifugiarsi in un impossibile “ritorno al passato”, ma assumere coraggiosamente la nuova situazione economica, sociale e culturale per fare emergere al suo interno le possibilità di liberazione dell’umanità dallo sfruttamento e dal dominio, un obiettivo che solo le nuove condizioni, e non le antiche, permettevano. Così oggi affrontare i problemi del post-umano significa lavorare perché le nuove possibilità dispiegate dalla tecnologia significhino possibilità di emancipazione e di sviluppo di nuove soggettività.

Confrontarsi con l’orizzonte post-umano comporta aprirsi all’alterità di un mondo globalizzato e abbandonare le rivendicazione di un “umanesimo” che è stato quasi sempre sinonimo di antropocentrismo: oggi che il diverso ci è sempre più vicino, non è più accettabile la pretesa di de-finire l’Uomo in base a limitate categorie (ragionevole, bianco, colto, proprietario, occidentale). Ancora: è stata la cibernetica a mettere addirittura l'accento sulle possibilità comunicative del non-umano, inteso come macchina (o come animale), e appare ormai meramente autocelebrativo il richiamo alla differenza dell'umano in quanto unico essere capace di comunicazione. Tralasciando pure il discorso sulle macchine, è quasi banale ricordare come siano tantissime le specie animali in grado di comunicare, e di farlo in maniera anche molto complessa, non solo tra conspecifici ma anche tra appartenenti a specie differenti. Il concetto di post-umano, dunque, lungi dall'essere anche solo simile a quello di post-organico o trans-umano, implica per noi il riconoscimento della necessaria apertura all'altro e all'alterità per la definizione di ciò che siamo in quanto umani.

Infine, non possono essere taciute le dirette ricadute che il discorso del post-umano ha sulla sfera del politico e dei diritti: a questo proposito non c'è a nostro avviso nessun tentativo di "onnipotenza" nel voler comprendere più da vicino la natura delle relazioni tra uomo e tecnologia – come ha invece suggerito di recente Pietro Barcellona nella sua lectio magistralis in onore di Pietro Ingrao dal titolo "L'epoca del post-umano". Non consideriamo onnipotenza l'utilizzo di determinate competenze per contrastare l'insorgere di nuove malattie o per combatterne di già esistenti. Il problema semmai si pone quando si esercita un controllo tale per cui anche le forme di intervento che più dipendono – o dovrebbero dipendere – dal libero esercizio della volontà individuale vengono negate nel nome di una tensione morale che non sempre appartiene a tutti. Come è accaduto per la legge 40 sulla fecondazione assistita, con cui si è negato il diritto della donna all'utilizzo consapevole delle tecnologie per la procreazione, e come accade quotidianamente per chi sente il bisogno di chiedere la sospensione di terapie che non curano più, ma si limitano a prolungare la morte. In quest'ultimo caso ad essere negato è il diritto al rifiuto consapevole della partnership tecnologica, laddove la si ritenga ormai un peso e non più un aiuto.

L’orizzonte post-umano si presenta, dunque, come richiamo all’autonomia della sfera personale, alla consapevolezza nell'accettazione e nella rinuncia, all’attraversamento delle soglie e all’ibridazione con l’alterità. Non più hybris come momento di crisi ma come motore di coniugazione, non più le tecnologie e i media come meri strumenti ma come parti di noi stessi, del nostro vivere, del nostro abitare.

[“Liberazione”, 21 aprile 2007]

lunedì 2 aprile 2007

Il gioco tra scienza e arte - arrythmiston e rhytmos di Francesco Monico

Nella didattica e nella ricerca dei fenomeni artistici oggi bisogna considerare due vie: da un lato la portata lirica di tali fenomeni, come espressione di una volontà che sdegna di lasciarsi rinchiudere e strutturare in aridi schemi e leggi fisse; dall’altro bisogna proporsi di studiarli nelle loro regolarità formali, di scoprirne i ritmi cioè i loro tracciati, o come intendevano i sofisti , nei loro rhytmos.

Il rhytmos è il susseguirsi regolare e proporzionato del processo artistico così come la loro forma distintiva, la loro figura proporzionata da vincoli, la loro disposizione nello spazio ambientale dei concetti dominanti. Il rhytmos è, dunque, quello che noi oggi rendiamo come modello, struttura e regolarità, oggi conosciuto nel mondo anglosassone come 'pace', cioè l’organizzazione formale delle possibilità creative.

Il concetto opposto è arrythmiston, questo concetto a differenza di quanto molti pensano non è stato prodotto da Aristotele ma da Antifonte il Sofista; l’arrhytmiston è il “libero da struttura” di Heidegger e anche il fondo, “grund”, di Schelling. Ed è nella comprensione di entrambe queste forme che possiamo cogliere un modello. In questo senso rhytmos/arrythmiston possono essere equiparati alla figura/sfondo della gestalt.

La psicologia della gestalt è prima di tutto una teoria della sensazione; la sua tesi è che i processi sensoriali e cognitivi siano organizzati sulla base di configurazioni unitarie e strutturate, secondo il principio olistico per cui il tutto è qualcosa di più e diverso dalla somma delle parti, come nei pincipi emergenti. Perchè nel tutto c’è il “gioco” tra figura e sfondo che crea un’emergenza. Una melodia è più di una somma di suoni, tant’è che può essere eseguita in un’altra chiave o tonalità rimanendo alla fine la stessa la stessa melodia, sebbene le sue componenti prettamente acustiche siano cambiate. Per gli stessi motivi quello che percepiamo, cioè il processo cognitivo creativo è il risultato di un sistema di componenti internamente strutturato in infinite parti in relazione dinamica una con l’altra e una con il tutto.

Si crea così una ristrutturazione delle informazioni provenienti dalla realtà; una riorganizzazione dell’equilibrio sensoriale detto anche 'ratio sensoriale'. In questo senso l’immagine sensoriale è un campo di forze (risonanti), perchè gli elementi in essa presenti, pur separati nello spazio, si condizionano e interagiscono a vicenda, esattamente come le forze elettriche o elettromagnetiche.

Ne risulta che ogni processo creativo è sempre una scelta, ossia una attribuzione, all’interno di un campo di possibilità, di una particolare importanza di certi stimoli considerati utili al processo mentale e di un trascuramento di altri, non considerati utili al processo mentale. L’oggetto è sempre quello ma colto dalla mente in diverse configurazioni.

Il termine che emerge da queste considerazioni è quello di insight, intuizione, che significa letteralmente il “vedere dentro” e indica quel fenomeno per cui un qualsivoglia contenuto mentale appare comunque come un’idea improvvisa e inaspettata.

L’idea di insight è stata usata da T. Khun per spiegare il mutamento rivoluzionario dei paradigmi scientifici, cioè quel fenomeno storico per cui l’intera realtà naturale dà origine all’improvviso a una diversa realtà, tale per cui si attribuisce significato a elementi prima insignificanti, e viceversa.

Così il gioco rhytmos e arrythmiston ha luogo nella progettazione. Entrambi i punti di vista hanno utilità cognitiva e possono essere riportati a due culture, l’arrythmiston lirico è la cultura artistica, il rhytmos strutturato è la scienza.

Oggi la questione delle due culture è superata nel concetto di 'concordanza', cioè la tendenza a unirsi delle principali discipline scientifiche e umanistiche. Oggi la didattica e la ricerca devono affrontare l’opera sia da un punto di vista artistico sia da quello scientifico perché nel gioco tra i due punti di vista ci sarà la possibilità di avere un’esperienza sensoriale dell’opera.

Oggi la sistematizzazione del proprio sapere si ripartisce tra discipline quali la matematica, l'epistemologia, la fenomenologia, la mediologia, la semiotica, la teoria dell’Informazione, la linguistica, la cibernetica, la psicologia. Questo approccio non è nuovo nella tradizione culturale dell’Occidente; fin dalla Poetica di Aristotele e dai canoni di proporzioni delle arti figurative greche i fenomeni estetici sono stati analizzati razionalmente: la filosofia è scienza tecnologica per i greci così come la sophistikè techné, ma la scienza è anche interpretazione immaginativa.

Tuttavia i temi dell’opposizione tra i due approcci, teorizzati dalle filosofie romantiche e idealiste da Schelling e Croce sono diventati dei cliché della nostra cultura: l’artista libero creatore, divino artefice, genio sregolato che agisce rispondendo solo a se stesso. Mentre lo scienziato risponde alla comunità culturale con una metodologia pubblica e per poterlo fare, cerca gli schemi descrivibili della realtà, e quindi in qualche modo la impoverisce per studiarla.

Ma non è difficile trovare i momenti di quella solidarietà che non ha mai cessato di collegare i due ambiti tra loro. Il metodo scientifico ha i suoi momenti cruciali nell’ipotesi e nell’esperimento e anche l’arte moderna e contemporanea si costruisce come esperimento e se tale peculiarità è dichiarata solo da alcuni decenni in realtà essa è presente fin dal rinascimento.

Fondamento e spinta motivazionale alla forma dell’arte e della scienza sono i mezzi produttivi e i rapporti di produzione, cioè la struttura economico-sociale. Così il criterio fondamentale delle attività dell’Accademia come la scienza e l’arte è l’utile, il loro interesse sociale.

La tecnologia corrente è il prodotto della realizzazione dei mezzi produttivi all’interno di uno specifico sistema di rapporti di produzione e essa trova definiti i suoi limiti e le sue linee di sviluppo nella costruzione di un modello di reale, di un processo di realtà, su cui operare il processo scientifico. Il lirismo artistico è una ricerca anarchica e pulsionale dove l’uomo è libero, finalmente, da sé stesso. Oggi l’arte è una scienza portata alle sue estreme potenzialità, e chissà in che cosa si trasformerà.


Per tutto ciò

La didattica cerca di andare alla ricerca delle analogie profonde, delle omologie di struttura tra metodo artistico e metodo scientifico. Così arrythmiston e rhytmos sono entrambe attività di progettazione, di attribuzione di senso, di mediazione della realtà, ed è infine nel loro incontro, che si svela la dinamica bellezza della natura; Arte e Scienza sono momenti della stessa funzione che da senso al mondo, la funzione della prassi cognitiva, del lavoro, e dell’opera.

francesco monico http://www.thelightbrigade.org 02/03/2004